La cartella clinica informatizzata è una parte chiave dell’ampio processo di trasformazione che ha coinvolto la sanità in questi ultimi anni post pandemia. Tutto ha avuto inizio con il decreto n° 77 del 23 maggio 2022, con il quale il Ministero della Salute ha sancito una nuova intesa con gli enti territoriali della Pubblica Amministrazione regolamentando modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza nel Servizio sanitario nazionale.

Verso la creazione di nuovo valore pubblico

Il Decreto Ministeriale 77/2022 ha rappresentato una tappa fondamentale nel processo di riforma del Servizio Sanitario Nazionale già pianificato nel PNR. L’obiettivo del legislatore, in raccordo con quanto già previsto dal DM 70 in tema di organizzazione ospedaliera, è stato quello di ripensare completamente l’organizzazione della sanità sul territorio, con un forte focus sul tema della prevenzione, mettendo le basi per un sistema sanitario più efficiente, equo e centrato sulle esigenze dei cittadini, anche attraverso tecnologie che consentono al paziente di accedere ai propri dati e di comunicare con i professionisti sanitari a distanza. Per perseguire gli obiettivi del Decreto Ministeriale 77/2022 è indispensabile creare le condizioni ideali perchè le realtà territoriali come le case di comunità, le COT, gli ospedali di comunità e tutti i soggetti che oggi ricevono una nuova importanza possano efficacemente collaborare tra loro e con le strutture più convenzionali.

Ruolo centrale in questa rivoluzione è uno strumento che per lungo tempo è stato fiore all’occhiello di informatizzazioni evolute ma al stesso tempo un sottovalutato strumento gestionale: la cartella clinica. Parlando di cartelle cliniche, infatti, dobbiamo distinguere tra l’esperienza che ha apportato la soluzione della cartella clinica informatizzata - ponendo l’accento appunto sull’informatizzazione del processo - da quelle iniziative che hanno promosso la cartella clinica elettronica come parte integrante di un processo nuovo e di valore. Oggi, con gli obiettivi imposti dal DM77, è impensabile non convergere verso strumenti utili alla riorganizzazione dell’assistenza sanitaria attraverso la dematerializzazione dei documenti clinico-sanitari, garantendo pieno valore giuridico probatorio nella sostituzione dei vecchi cartacei.

A tal proposito emerge un dato sintomatico: secondo un’inchiesta di Confindustria ogni visita a un paziente richiede a un professionista sanitario in media 10/13 fogli di carta. Dal momento che buona parte dei medici visita circa 50 pazienti a settimana, per una stima verosimile si dovrebbe prevedere un consumo medio di 500 fogli. Un numero elevatissimo che costringe ogni anno il settore sanitario a consumare migliaia di tonnellate di carta, causando oltre ad ovvi problemi legati alla corruttibilità del documento, anche mancanza di spazi di archiviazione. Si tratta di un volume di documenti cartacei che sarà soggetto a deperimento, scarsa accessibilità e costi di gestione elevatissimi. Seppur interessante in tema di riduzione dello spreco e di sostenibilità ambientale, la vera sfida della digitalizzazione iniziata con la cartella clinica informatizzata è eliminare il concetto di “documento” per generare informazioni dal digitale puro. Quindi solo dati e non più documenti; dati che di volta in volta si configurano nel front-end digitale nel modo più appropriato in funzione di chi li dovrà usare.

Se a un documento digitale possono aver accesso in contemporanea professionisti dislocati ovunque sul territorio, il cartaceo invece richiede logistica, spazi di conservazione, tempi di reperimento, ed è sempre nella mani di un singolo soggetto in un luogo specifico. Si tratta di limiti incompatibili con una sanità multidisciplinare che porti le cure ovunque servano in ottica di continuità. (mi sembra un tema un pò vecchio, non l’obiettivo principale nell’adozione di un CCE)

L’impegno del PNRR per una nuova Sanità digitale

La sanità ha saputo cogliere nella sfida digitale l’occasione di ridisegnare processi e valorizzare l’innovazione tecnologica al servizio della salute. Attraverso questo decreto legge (quale? Non il DM 77 che ha un funzione organizzativa non di finanziamento) si è voluto derogare alle regioni e alle province autonome lo sforzo economico da sostenere per adeguarsi ai nuovi standard guidati dal digitale grazie agli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il Ministero della Salute, con il supporto di Agenas, si è preso l’impegno di monitorare l’adozione degli strumenti utili all’evoluzione in ogni regione e provincia autonoma. Questa macchina organizzativa è stata pensata con la finalità di regolamentare l’accesso ai finanziamenti integrativi del SSN, come stabilito dalla legge n° 191 del 2009.

Indipendentemente però dall’entità degli stanziamenti previsti, la trasformazione digitale in sanità prosegue a ritmo serrato: la conferma nei risultati della ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui la crescita della spesa per la sanità digitale nel 2023 è stata pari a 2,2 miliardi di euro, registrando un incremento del 22% rispetto al 2022.

Cartella clinica elettronica e fascicolo sanitario: verso una nuova gestione integrata delle cure

Il DM 77/2022 ha dato dunque una spinta importante verso la digitalizzazione con il conseguente ridisegno dell’assistenza territoriale e quello di nuovi modelli organizzativi. A tal fine hanno giocato un ruolo preponderante le soluzioni tecnologiche, che hanno riavvicinato il paziente alle strutture sanitarie creando un vincolo più profondo. Attraverso alcune importanti innovazioni che hanno segnato una svolta nella relazione ente pubblico-paziente, si è cercato di rafforzare e garantire una maggiore efficienza ed efficacia delle cure. Elemento cardine per l’ottenimento di cure integrate ospedale-territorio è stata la creazione del Fascicolo Sanitario Nazionale completo, aggiornato e fruibile da tutti gli operatori sanitari. Affinché il fascicolo non rimanga “una cattedrale nel deserto” si rende indispensabile che le informazioni siano raccolte e trattate in modo idoneo.

Un fascicolo alimentato da cartaceo digitalizzato, ad esempio, non apporta il valore atteso che invece richiede la pubblicazione di informazioni organizzate e codificate secondo interoperabilità semantica come quelle della cartella clinica elettronica.

Oltre alla cartella clinica informatizzata e al Fascicolo Sanitario Nazionale, nel DM 77 emerge proprio il ruolo primario che avrà l’adozione della cartella clinica elettronica nell’integrazione tra Ospedale-Territorio. Una stessa CCE integrata sia negli Ospedali sia nei territori rende effetivo lo sforzo di coerenza, continuità e compenetrazione tra i dati, in qualsiasi struttura avvenga un’interazione tra paziente e medico. Ogni volta che sarà necessaria questa interazione il processo diagnostico e curativo sarà supportato dalla stessa cartella clinica, con piena ed effettiva integrazione dei dati del paziente.

La nuova relazione bidirezionale Ospedale-Territorio abilitata dalla CCE è essenziale per garantire continuità assistenziale, migliorare la qualità delle cure e ridurre gli errori grazie alla condivisione di dati clinici aggiornati tra tutti i professionisti sanitari. La CCE getta quindi un ponte digitale tra strutture sanitarie e ciò innesca un ciclo virtuoso che supporta nella presa decisionale e nella prevenzione di eventi avversi, garantendo maggiore efficienza operativa.

La tecnologia diventa in questo campo ‘abilitatore del cambiamento’, permettendo alla cartella clinica informatizzata di essere contemporaneamente strumento di dematerializzazione con funzione probatoria, supporto al processo diagnostico e di cura e portale di accesso alla storia del paziente. La cartella clinica informatizzata non si rivolge solo al medico, ma a tutto il team che si occupa della cura, paziente compreso; attraverso questo strumento infermieri, terapisti, medici, specialisti consulenti e paziente comunicano tra loro offrendo continuità agli eventi ambulatoriali, al ricovero, ai follow-up, e più in generale ad ogni accesso alla cura.

La cartella clinica informatizzata diventa così custode dell’individualità del paziente a 360 gradi per garantire non solo la risoluzione di un patologia, ma anche per monitorare meglio lo stato di salute nel suo complesso.

Priorità alla gestione del ciclo di vita del dato e della privacy

Guardando il futuro dalla prospettiva del dato si tratta di rinnovare un modus operandi un po’ obsoleto per poter archiviare e gestire l’intero ciclo di vita delle informazioni secondo le nuove logiche digitali dell’ente pubblico. Ogni struttura sanitaria deve poter condividere con le altre qualsiasi tipo di informazione afferente la storia clinica del paziente, in qualsiasi formato questo si trovi disponibile. La sfida della digitalizzazione iniziata dalla cartella clinica elettronica è dunque complessa, poiché richiede una gestione delicata dei processi di acquisizione e integrazione dei dati sensibili di ogni persona. La sfida della digitalizzazione, iniziata dalla cartella clinica informatizzata è dunque complessa, poiché richiede una gestione consapevole e rispettosa delle informazioni sensibili di ogni persona senza mai dimenticare la protezione dei dati e della privacy secondo la normativa GDPR.

Digitalizzazione del SSN, un passo avanti nell’integrazione tra cure, territorio e pazienti

L’adozione della cartella clinica informatizzata garantisce vantaggi agli assistiti, riducendo il rischio di errori e massimizzando le informazioni disponibili durante la cura. Ma al contempo ottimizza i processi della PA, poiché si riducono gli sprechi sia nella ripetizione degli esami sia nella prescrizione di analisi di approfondimento dovute a un quadro d’insieme poco chiaro. La cartella clinica alimenta poi il fascicolo con dati di qualità; questa integrazione tra basi di dati permette di programmare, promuovere e monitorare interventi personalizzati per la prevenzione e la gestione delle cronicità. Anche questo si rivela un tassello necessario per l’uso razionale delle capacità del SSN.